Confcommercio Sardegna “al crollo del commercio rischia di aggiungersi il mondo dei bar, dei ristoranti e dell’alloggio. Si intervenga il prima possibile”.
Confcommercio da oltre 6 anni svolge uno studio, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio G. Tagliacarne, sull’evoluzione delle città soffermandosi in particolare sulla natalità mortalità ed evoluzione della tipologia di impresa nei centri storici.
Sono stati coinvolti 110 comuni di medie dimensioni capoluoghi di provincia (o ex capoluoghi) e 10 comuni non capoluogo più popolosi con la distinzione Centri Storici vs Non Centri Storici (classificazioni urbanistiche/intuitive). Il concetto di centro storico (CS) si riferisce prevalentemente all’appartenenza a zone urbanistiche specifiche, integrato con un approccio intuitivo che aggrega le aree e le vie a partire da un epicentro storico-commerciale. Il NCS è tutto il resto del comune, cioè tutto il tessuto urbano che non è compreso nel CS. Il perimetro di analisi è sufficientemente esteso, visto che copre quasi un quarto della popolazione italiana e delle imprese.
In Sardegna lo studio ha coinvolto le città di Cagliari, Carbonia, Iglesias, Lanusei, Nuoro, Olbia, Oristano, Sassari e Tempio Pausania.
Sono state considerate le seguenti 13 categorie del commercio al dettaglio
1) non specializzati
2) alimentari
3) tabacchi
4) carburanti
5) computer e telefonia
6) mobili e ferramenta
7) libri e giocattoli
8) vestiario e calzature
9) farmacie
10) ambulanti
11) altro commercio (sostanzialmente le società che vendono online e porta a porta, i distributori automatici e le vendite per corrispondenza).
12) alloggio
13) bar e ristoranti
Dallo studio sulle città e cittadine sarde emerge, in linea con i dati nazionali, la rapida sparizione nei centri storici di negozi in sede fissa a cui, in controtendenza rispetto alla scorsa edizione, si aggiungono anche i commercianti ambulanti.
Nel centro storico di Carbonia si perdono, dal 2012 al 2020, 26 imprese passando da 270 a 244.
A Iglesias l’analisi delle 13 categorie considerate registra ugualmente un saldo negativo dal 2012 al 2020 le imprese del commercio al dettaglio passano da 213 a 186.
Lanusei perde solo 6 imprese, passando da 87 a 81.
A Nuoro si spengono in 61 e in centro storico le imprese passano da 374 a 314.
La città di Eleonora perde 30 esercizi riducendo le vetrine da 469 a 439.
Sassari perde 77 negozi passando da 491 a 414 esercizi di commercio al dettaglio.
A poco valgono i dati positivi di Cagliari (+29) e Olbia (+2), il saldo complessivo è negativo: i centri storici delle cittadine coinvolte nello stadio perdono 214 negozi.
Questi i dati assoluti; nel dettaglio rispetto alle categorie considerate crescono solo farmacie, alimentari e negozi elettronica e tabacchi. Crollano tutte le altre 9 categorie: mobili, ferramenta, carburanti, vestiario e calzature, libri e giocattoli, esercizi non specializzati e ambulanti.
“I dati parlano da soli. Da sei anni monitoriamo in nostri centri storici e assistiamo a una moria che oggi pare irreversibile. Il commercio al dettaglio continua a perdere pezzi e le nuove aperture non sono sufficienti a mantenere la vitalità dei centri urbani.
Dobbiamo inoltre considerare l’altro importante ruolo che ha il commercio nei centri storici: attirano turismo, sono base per lo sviluppo di relazioni, luoghi della convivialità, di ricreazione e cultura, oggi esattamente i settori più colpiti dalla pandemia.
I dati non ci consentono di vedere gli effetti del COVID 19 sul settore dei pubblici esercizi e nel settore della ricettività.
L’edizione dello studio in effetti è particolare perché: cancellazioni, mortalità e natalità sono eccezionali a causa della pandemia e sono eccezionali talvolta in senso contro-intuitivo. La mortalità (sostanziale) è concetto differente da cancellazione (formale).
Nel 2020 si è infatti osservato un tasso di cancellazione (sia al lordo sia al netto delle cancellazioni d’ufficio) straordinariamente basso: poiché non ci sentiamo di sostenere l’ipotesi di boom economico, dobbiamo ripiegare sulla più realistica ipotesi di congelamento, ibernazione del tessuto produttivo (blocco licenziamenti, cig, promesse di ristori) “ – dichiara Nando Faedda Presidente.
I dati su imprese ricettive bar e ristoranti sono positivi per la maggior parte delle città del campione: Cagliari rispettivamente +47 e +96; Carbonia rispettivamente +5 e +8; Iglesias rispettivamente +5 e +17; Lanusei rispettivamente +2 e +4; Olbia rispettivamente +18 e+53; Oristano rispettivamente +10 e +19
Nuoro è l’unica città che registra un andamento positivo per il mondo del ricettivo (+10) ma non per i pubblici esercizi- la somministrazione perde 9 attività.
Secondo lo studio, in Italia, sono stati persi il 10% di ore lavorate, 160 miliardi di euro di PIL e 120 di consumi, molte imprese sono già chiuse nel senso che pur iscritte ai registri non operano e non opereranno mai più; il riflesso statistico (-240mila imprese perse causa Covid) si avrà nei prossimi trimestri, non subito (neppure nel primo quarto dell’anno).
In Sardegna inoltre, a differenza del resto dello stivale, i dati non sono incoraggianti neanche per le aree urbane diverse dal centro storico. I saldi sono negativi per Cagliari (-80) Carbonia (-4) Iglesias (-9) e Sassari (-124).
“È urgente attivarsi per creare modelli di governace di medio e lungo periodo con progetti dedicati e mirati per aiutare il tessuto commerciale urbano e salvaguardare il mondo della somministrazione e della ricettività dando vita ad azioni di innovazione e digitalizzazione delle imprese e valorizzando gli aspetti culturali e identitari delle nostre città “conclude Nando Faedda.